L’indice glicemico di un alimento identifica la velocità con cui si alzano i livelli glicemici (cioè la concentrazione di glucosio nel sangue) in seguito all’assunzione di un alimento.

L’indice viene formulato in valori percentuali rispetto alla velocità con cui la glicemia si innalza dopo l’assunzione di un alimento di riferimento (che ha indice glicemico 100): un indice glicemico di 10 vuol dire che un particolare alimento innalza la glicemia con una velocità che è pari ad un decimo di quella dell’alimento di riferimento.

I due alimenti di riferimento più utilizzati sono il glucosio e il pane bianco: è quindi possibile trovare indici diversi per lo stesso alimento: quando si confrontano gli indici glicemici di due alimenti (ricavati da fonti diverse) occorre controllare che siano calcolati in base allo stesso alimento di riferimento.

Per calcolare l’indice glicemico rispetto al pane bianco basta moltiplicare per 1,37 quello calcolato rispetto al glucosio, ma come potrà confermarvi ogni operatore del settore, attenzione a dare la giusta importanza a tutti gli aspetti dell’alimentazione.
Con questa dichiarazione non si vuole dire che tra le diverse fonti alimentari da cui attingiamo carboidrati non ci sia differenza, ma che impostare un intero modello alimentare sull’indice glicemico, facendolo su trascurabili differenze significa sovrastimare le nostre più rosee aspettative nei confronti della nostra ideale dieta bilanciata.

In parole povere, discriminare tra riso, pasta e patate non ha molto senso a parità di quantità, ha senso invece discriminare tra pasta e pasta integrale, o tra ciliegie e cocomeri, tra zucchero e fruttosio.

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I danni dell’iperglicemia

Per iperglicemia si intende un livello di glucosio nel sangue superiore a quello standard. Dopo aver effettuato un pasto, specialmente se contenente carboidrati, è normale che la glicemia superi i suoi livelli normali, ma si possono verificare vari casi a seconda delle condizioni, se la quantità di carboidrati del pasto è stata molto alta, allora la glicemia raggiungerà valori più elevati, inoltre se prendiamo in considerazione una persona con una sensibilità insulinica più bassa della norma, o addirittura diabetica, allora anche con quantità di carboidrati moderate la glicemia raggiungerà un valore molto elevato, e inoltre tale valore impiegherà più tempo per tornare al livello standard.

L’aumento della glicemia a valori elevati dopo i pasti non è un fattore che passa inosservato nell’organismo, infatti ogni volta che si verifica provoca determinati danni metabolici, la cui entità dipende dalle caratteristiche di ogni individuo.
Prima di tutto ricordiamo che alti valori di glucosio nel sangue stressano pancreas e fegato e favoriscono l’aumento del grasso corporeo.

Oltre ciò l’iperglicemia causa altri gravi danni nell’organismo, che sono a carico soprattutto delle pareti interne delle arterie di tutto l’organismo, portando col passare del tempo ad un aumento dell’infiammazione di tali pareti, le quali di conseguenza perdono elasticità e tonicità, fino alla comparsa dell’arteriosclerosi, una patologia infiammatoria cronica che può causare la formazione di placche ateromatose nei vasi sanguigni.

Gli organi più colpiti sono le coronarie del cuore, le piccole arterie del cervello, i reni (a livello dei piccoli vasi renali), e gli occhi (a livello delle piccole arterie della retina), di conseguenza possono nascere molti problemi, come patologie cardiovascolari, patologie neurologiche (ictus cerebrali, malattie neurodegenerative), insufficienze renali e danni alla retina; inoltre l’iperglicemia favorisce l’iperproduzione di colesterolo, aumentando quindi i livelli di colesterolo LDL (colesterolo cattivo) dell’organismo, con tutti i problemi derivati da questa condizione.

Qui puoi leggere il nostro articolo sulla glicemia alta

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